Ci troviamo a Sacrofano, comune alle porte di Roma che ancora oggi conserva tutta la sua elegante e selvaggia bellezza, tra storia e natura preservate nel tempo.
La zona agricola è quasi prevalente boschiva e molte di queste terre ricadono nella gestione di un ente che è nato nel lontano 1705. Stiamo parlando dell’Università dei Possidenti di Bestiame, ente che comprende oltre 200 ettari di terreni su cui si concentra buona parte dell’allevamento bovino e equino locale.
Abbiamo incontrato il presidente dell’ente Enrico Granori presso la sede dell’università; con noi c’è anche il vice presidente, il dott. Edoardo Serata, memoria storica del paese e discendente di una delle famiglie che fondarono l’ente.

Grazie ai loro racconti ci immergiamo in un mondo che profuma di antico, la cui storia parte dal XVI secolo, quando la cittadinanza cadde in disgrazia a causa della peste e fu esonerata dal fornire la milizia a cavallo al duca di Bracciano. Ai cittadini di Sacrofano fu dunque concesso di pascolare sui terreni di Monte Musino, di cacciare i capi inselvatichiti e di raccogliere i grani dopo la falciatura per provvedere al proprio sostentamento.
GLI USI CIVICI DEI TERRENI
Fu un passo importante verso l’uso civico dei terreni del paese, prassi che si concretizzò storicamente nel 1705 quando un gruppo di cittadini benestanti si offrì di prendere in affitto al prezzo di 500 scudi i terreni precedentemente feudo degli Orsini e dei Chigi.
Queste terre furono riscattate ufficialmente nel 1804 e messe a disposizione di tutti coloro che ne facessero richiesta.
Punto di svolta fu la legge sugli usi civici del 1926: tutti i residenti di un comune in cui ricadeva un’università agraria poterono esercitare una serie di diritti civici finalmente regolamentati, tra cui il pascolo del bestiame a seguito del pagamento della fida pascolo.
Altro diritto è quello di semina in quarterie: ogni 4 anni venivano sorteggiati i terreni e dati in concessione alle famiglie che non avevano di proprietà. Si aggiungeva inoltre la possibilità di raccogliere la legna secca caduta e di fare i pali per le vigne.

Appare evidente come le università agrarie, e in questo caso specifico l’Upb, abbiano rappresentato un bacino di sviluppo importante per il territorio, laddove i terreni divennero per i residenti non solo occasione di sussistenza ma anche fonte di guadagno.
Per diventare socio dell’Università dei Possidenti di Bestiame era però necessario essere proprietari di buoi aratori, indispensabili per svolgere il lavoro dei campi. L’UPB infatti opera una netta distinzione tra soci (proprietari di capi bovini) e utenti, che fanno richiesta di pascolo per gli equini non ferrati. L’ente ha da sempre lo scopo di tutela della razza maremmana sia equina che bovina, aspetto che però è diventato più sfumato negli anni, ora che gli allevatori si orientano su razze da loro ritenute più redditizie.
IL GIUSTO CAMBIO DI MENTALITÀ
Regole rigide, insomma, ma necessarie per un’ottimale gestione dell’ente, come ci ha spiegato Granori: ” Oggi abbiamo circa una sessantina di capi fattrici. Da statuto puledri e vitelli sopra l’anno di età vengono allontanati perché entrano in età riproduttiva. L’Ente mette a disposizione riproduttori ufficiali certificati. La fida pascolo per capi bovini ed equini è differente, considerato anche il maggior impatto sanitario di questi ultimi sui terreni in cui pascolano”.

Granori è oggi al secondo mandato come presidente, dopo un lungo trascorso come consigliere: ”Ho accettato il ruolo di presidente nella consapevolezza che sarebbe stato un grande impegno, ma con il sostegno di una persona preparata come il dott. Serata e del segretario dott. Alessandro Ercolani, responsabile della gestione amministrativa dell’Ente, stiamo facendo un buon lavoro. Uno scoglio grande da affrontare è il doveroso cambio di mentalità: è vero che gli usi civici conferiscono diritti ai cittadini, ma esistono procedure rigide da rispettare. Paradossalmente oggi acquistare il bestiame è un punto di arrivo dopo una lunga strada burocratica, mentre 50 anni fa era il punto di partenza. Ecco, non possiamo portarci dietro una mentalità che poco si adatta ai giorni nostri”.
Inoltre, fino a poco tempo fa, la Asl considerava i territori dell’ente come un’ entità allevatoriale indistinta e il bestiame ricadente su quest’area molto vasta era considerato quindi un’unica realtà epidemiologica. “Dopo varie lotte, tramite provvedimento della stessa Asl, siamo riusciti a dividere sanitariamente i territori in microaree, in modo che un problema singolo non influisca sfavorevolmente su tutto il bestiame che pascola sui terreni dell’ente” sottolinea Granori.
Contenziosi con i Comuni, i privati e con altre realtà del territorio avvengono di frequente, ci racconta il dott. Serata, sottolineando come la giurisprudenza in materia di Enti Agrari sia un campo specifico che andrebbe approfondito per evitare questo tipo di inciampi. Il ricorso agli usi civici è necessario proprio per diradare la nebbia che nasce in questi scontri legali, in cui l’Upb si trova a difendere terreni di incommensurabile bellezza.
STORIE DI ARATRI E BANDITI
Terre che in linea d’aria distano un chilometro dal centro urbano, ma che sono un mondo a parte, talvolta impenetrabile, se non accompagnati per mano dalla memoria storica di uomini come il dott. Serata. Terre su cui ricadono i resti di un antico tempio pagano dedicato a Ercole Musino, ma anche grotte e anfratti divenuti scenario di fatti di cronaca nera, tra sequestri di persona e covi in cui erano custodite le armi durante gli anni di piombo.
Storie di aratri e banditi si sono alternate in queste terre di Sacrofano, dove la gestione dell’Università dei Possidenti di Bestiame si conferma requisito essenziale per la tutela di un paesaggio di struggente bellezza.

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